Cosa dice la Legge sul Green Pass obbligatorio

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Il Green Pass e la nuova normativa

Il 20 novembre è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 165/2021 di conversione del Decreto Legge n. 127/2021, con la quale si sono apportate delle modifiche alla normativa sull’obbligo del Green Pass. In questo primo articolo della rubrica Cosa dice la Legge, lo Studio Legale Maffi sintetizza i punti salienti del nuovo quadro normativo. L’obiettivo dei nostri esperti di Diritto vuole qui essere quello di fornire indicazioni chiare e puntuali ai datori di lavoro che si trovano a dover adempiere l’obbligo di verifica del Green Pass dei propri dipendenti.

La buona notizia è che le regole alle quali ci eravamo abituati a partire dal 15 ottobre sono state, in larga misura, confermate. Tuttavia, proprio alla luce delle criticità emerse, sono state introdotte anche alcune misure, volte a semplificare le modalità di verifica del possesso della certificazione verde. In particolare, è bene che un imprenditore sia consapevole di cosa dice ora la legge nell’ambito di:

  1. limiti alla sostituzione dei lavoratori senza Green Pass nelle aziende con meno di 15 dipendenti;
  2. garanzia della tutela della privacy dei lavoratori nell’attuazione delle modalità di controllo del Green Pass.

Nei paragrafi sotto, lo Studio Legale Maffi fornisce un sintetico quadro normativo cui fare riferimento per adottare una condotta corretta di fronte alla normativa vigente. Per ulteriori approfondimenti in merito, i nostri avvocati con sede in Valle Camonica restano a disposizione per fornire consulenze legali mirate, anche a distanza. Siamo infatti consci che gli imprenditori delle aziende bresciane si trovano a dover rispondere a numerosi dubbi, spesso mossi dai loro stessi dipendenti sprovvisti del Green Pass.

Sostituzione dei dipendenti senza Green Pass

La normativa di più recente introduzione modifica sensibilmente i limiti di sostituzione dei lavoratori senza Green Pass nelle imprese fino a 15 dipendenti. Stando alle norme precedentemente in vigore (quelle cioè introdotte il 15 ottobre), a partire dal quinto giorno il lavoratore privo di certificazione verde era da considerarsi assente ingiustificato. Ciò annullava i diritti alla retribuzione, ma garantiva la conservazione del rapporto di lavoro. Pertanto, il datore di lavoro lo poteva sostituire, sottoscrivendo un contratto a tempo determinato (10 giorni) rinnovabile un’unica volta (per un totale di 20 giorni). Al termine di tale periodo, il posto era da considerarsi scoperto e quindi l’imprenditore poteva estendere le mansioni di altri lavoratori, oppure assumere un nuovo dipendente con contratto a termine. In quest’ultimo caso, qualora il dipendente assente fosse rientrato prima della fine dell’anno, il datore di lavoro avrebbe dovuto attendere la naturale cessazione del contratto sottoscritto col sostituto. In pratica, avrebbe dovuto retribuire entrambi i dipendenti.

Con la normativa in vigore dal 21 novembre invece, ora il contratto per la sostituzione è rinnovabile più di una volta, fino al termine dello stato di emergenza (al momento ancora fissato al 31 dicembre 2021). Quindi, se anche il dipendente senza Green Pass non ne entra in possesso prima della fine dell’anno, il datore di lavoro risulta comunque “coperto” e tutelato anche dopo i primi 20 giorni, potendo di volta in volta rinnovare il contratto a tempo determinato del sostituto, senza dover assumere un nuovo dipendente a termine. Qualora il dipendente originariamente privo di Green Pass dovesse rientrare prima del 31 dicembre, il datore non sarà quindi vincolato alla nuova assunzione e potrà evitare di dover pagare in contemporanea entrambi i dipendenti.

 

Il Green Pass e la privacy dei lavoratori

Per quanto riguarda invece il controllo dei Green Pass, sono state introdotte delle misure per semplificare e velocizzare la procedura di verifica della certificazione verde. Per i dipendenti, è quindi ora possibile consegnare il Green Pass all’impresa presso la quale lavorano. Così facendo, il datore di lavoro è esonerato dall’obbligo di effettuare i controlli nei loro confronti durante tutto il periodo coperto dalla validità del certificato depositato. Ovviamente, la scelta di fornire copia della certificazione verde deve avvenire su base volontaria e risulta, pertanto, essere assolutamente facoltativa. Sintetizzando: il datore di lavoro non ha il diritto di pretendere che i dipendenti gli consegnino copia del Green Pass.

La possibilità di consegnare il Green Pass al datore di lavoro ripropone l’annosa questione legata alla protezione e alla riservatezza dei dati personali. Il datore di lavoro deve quindi adeguare le proprie misure tecniche ed organizzative. L’azienda ha infatti l’obbligo di adottare la nuova modalità di raccolta delle certificazioni verdi - assicurando la tutela della privacy dei dipendenti che consegnano il Green Pass - già in fase di ricezione dei certificati.

A questo punto, si tenga presente che i dipendenti, qualora desiderassero consegnare copia del proprio Green Pass per semplificare le procedure di controllo, possono scegliere tra due modalità. La certificazione verde può infatti essere trasmessa dal lavoratore al datore di lavoro in copia cartacea, oppure nel formato digitale. Nel caso del Green Pass cartaceo, il Titolare del Trattamento deve garantire che la consegna e la conservazione del documento avvengano nel rispetto della privacy. Per tale ragione, è doveroso adottare misure idonee, quali la predisposizione di locali aziendali dedicati esclusivamente ad archivio, dotati di serrature ed altri sistemi che impediscano l’accesso ai soggetti non responsabili del trattamento.

Green Pass digitale e tutela dei dati personali

Non sono pochi i casi in cui, considerata la rapidità del gesto, si preferisce la consegna del Green Pass digitale. Se da un lato la tecnologia favorisce la velocizzazione del processo, dall’altro si tenga presente che è fondamentale prestare particolare attenzione agli obblighi in materia di tutela della privacy. Qualora infatti il Green Pass venga trasmesso con modalità digitali (ad esempio via e-mail o tramite WhatsApp), l’attuazione delle misure di tutela si fa più delicata, nonché complessa. Al Titolare del Trattamento è infatti richiesto di integrare le misure già adottate in occasione dell’entrata in vigore del GDPR, soprattutto sotto il profilo della sicurezza informatica.

In particolare, il datore di lavoro deve perciò:

  • predisporre politiche informatiche per proteggere il flusso di informazioni relative al Green Pass da eventuali violazioni che possono ledere la privacy dei dipendenti;
  • rafforzare la nomina del delegato al trattamento, all’interno della quale devono essere fissate istruzioni chiare e precise circa le azioni da tenere nella fase di ricezione e conservazione dei dati;
  • riportare tutte le misure adottate a tutela della riservatezza nel modello privacy aziendale;
  • aggiornare il registro dei trattamenti, che deve indicare anche il periodo di conservazione dei dati contenuti nella certificazione verde (che può essere consentita al massimo fino alla cessazione dello stato di emergenza).

 

La normativa europea e il Super Green Pass

È bene qui aprire una doverosa parentesi quanto alla normativa europea, che regolamenta anche la conservazione dei dati legati alla certificazione verde. Osservando con attenzione quanto indicato nel Regolamento UE n. 953/202, si evince come questo di fatto impedisca la conservazione dei dati contenuti nel Green Pass per fini non medici. Tra questi fini “medici” non rientrano, ovviamente, i controlli per l’accesso al posto di lavoro: è pertanto evidente l’apparente contradditorietà tra le due normative in vigore.

La normativa introdotta dall’Unione Europea immagina infatti che i dati personali vengano conservati in un’ottica relativa alla situazione clinica del soggetto e alla sua scelta circa la somministrazione o meno del vaccino. I dati personali relativi alla situazione clinica e alla scelta vaccinale dovrebbero pertanto rimanere riservati (se non, come indicato sopra, per fini medici). Invece, la visione del Green Pass, permette al datore di lavoro di venirne a conoscenza. Il Garante della protezione dei dati personali si è già espresso mostrando perplessità al riguardo. Non ci resta che vedere la posizione che intenderà assumere il Governo di fronte a tali, pesanti, criticità.

Per concludere, come noto, il Governo ha recentemente introdotto il famigerato Super Green Pass per il periodo che va dal 6 dicembre 2021 al 15 gennaio 2022. Si tenga presente che le nuove norme non modificano la disciplina dei controlli sui posti di lavoro, per accedere ai quali rimane sufficiente il classico Green Pass (quello che si può ottenere anche grazie ai tamponi). È invece stato introdotto l’obbligo vaccinale per ulteriori categorie di lavoratori: personale non-sanitario che lavora nel comparto salute, Forze dell'Ordine e tutto il personale scolastico. Anche in quest’ambito, lo Studio Legale Maffi resta a disposizione per eventuali chiarimenti in merito all’interpretazione della normativa.